È terribile quello che sta succedendo in Ucraina, e anche noi come Festival del Fundraising ci siamo chiesti: cosa possiamo fare? All’inizio ci siamo sentiti impotenti, ma poi consapevoli che noi fundraiser possiamo fare qualcosa: continuare a fare il nostro lavoro.
Lo sappiamo tutti che in un mondo ideale il fundraising non ha senso, perché lì non esisterebbero le differenze di pelle, religione, razza, cultura. E chi ha di più “naturalmente” lo darebbe a chi ha di meno, senza bisogno di qualcuno (come il fundraiser) che chiede per lui. Ma questo è un mondo utopico e noi, invece, siamo nel mondo reale, quello che esiste veramente oggi, con tutte le sue tante imperfezioni e pasticci. Ecco perché noi fundraiser, oggi più che mai, serviamo al nostro Paese.
Tanti di noi potrebbero fare altri lavori, magari più comodi, più semplici, più remunerati. Ma per noi il lavoro è qualcosa che va oltre: un modo per aiutare là dove c’è bisogno, e non solo un fine. E il fundraising uno strumento per combattere l’indifferenza e prenderci cura di chi è rotto, sporco, senza voce.
Siamo vicini a voi, fundraiser, che in poche ore avete attivato campagne di raccolta fondi straordinarie, aggiornato velocemente il sito, spedito email, lavorato di notte.
A voi che - come sempre - non vi girate dall’altra parte.
E anche noi continuiamo con forza il nostro lavoro: costruire per voi la 15^ edizione del Festival del Fundraising.
Un rifugio caldo dopo le fatiche dell’anno, una casa dove ristrutturare le fondamenta del vostro lavoro, uno spazio comune dove continuare a far crescere questo strano mestiere per animi inquieti che si chiama: fundraiser.